Giornalista Pubblicista Freelance e Scrittrice

Si racconta l’autrice de Alla nostra età, con la nostra bellezza

Daria Colombo, giornalista e scrittrice al suo secondo romanzo, rivela la genesi di questa sua opera letteraria, Alla nostra età, con la nostra bellezza, sottolineando gli aspetti peculiari che hanno caratterizzato la realizzazione del suo componimento narrativo, dall’idea  iniziale fino alla conclusione della storia, attraverso l’evoluzione delle personalità delle due coprotagoniste e lo svolgimento dell’intera vicenda.

– Daria, qual è stato lo spunto iniziale da cui è nata l’ispirazione per scrivere il racconto di Alberta e Lisa?

«L’esigenza che sentivo principalmente dentro di me era quella di parlare della forza delle donne, ma avvertivo anche il desiderio di lanciare una provocazione di tipo politico. Così, ho deciso di riportare tutto ciò attraverso una narrazione che descrivesse la storia di un’amicizia».

– Il suo si può definire un romanzo autobiografico?

«Senz’altro inizialmente l’idea è maturata riflettendo su alcuni ricordi della mia vita, ma in realtà Alberta, la protagonista più giovane del libro, è una persona molto diversa dalla sottoscritta, nonostante io abbia conosciuto e frequentato all’Università una compagna molto più grande di me, con la quale ho concluso il ciclo di studi insieme. Nel romanzo, di ciò che fu in realtà, ho descritto solamente la differenza di età e, soprattutto, quella caratteriale tra le due donne, ma il contesto è assolutamente diverso, così come l’epoca nella quale si svolgono i fatti. Certamente ho voluto omaggiare con il nome di questa mia amica che non c’è più una delle due protagoniste della storia, perché Annalisa è stata una persona che mi ha dato veramente tanto e l’idea mi è venuta proprio perché nell’accostare due persone tanto diverse, a mio parere, ci sono uno scambio ed un arricchimento molto importanti. Particolarmente in un tempo come quello che stiamo vivendo attualmente vale la pena una volta di più sottolineare quanto “differenza” sia sempre arricchimento e mai sottrazione».

– Alla luce dei fatti di violenza che hanno coinvolto la città di Parigi in quest’anno ma non solo Parigi, anche tutto il resto del mondo che è vittima del terrorismo da parte dell’Isis in questi ultimi tempi ed in precedenza, comunque, per opera di un fanatismo religioso, come si sentirebbe di vivere la politica oggi?

«Questo si evidenzia proprio nelle pagine del mio libro: con una grande tristezza. Nel senso che il periodo di quindici anni descritto in Alla nostra età, con la nostra bellezza va esattamente dal 1992 al 2007, anni molto importanti della nostra storia recente. Mi spiego meglio: Milano di “Mani pulite” e l’Italia delle stragi dei due magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino alla nascita del Partito Democratico, passando attraverso la grande mobilitazione dei Movimenti, che hanno ridestato la coscienza politica di molta gente che ha partecipato attivamente. Purtroppo oggigiorno siamo molto distanti da tutto ciò. A malincuore devo ammettere che attualmente il partito maggioritario è l’astensionismo. Una formazione che vince oggi non c’è e la gente è molto distante dalla politica. E, detto tra noi, non possiamo nemmeno dare torto a chi sceglie in questo senso. Quindi, personalmente provo una grande nostalgia per quell’epoca in cui la partecipazione era un elemento molto importante nella vita del nostro Paese».

– Daria Colombo è figlia, madre ed è diventata da non molto anche nonna. Al di là del fatto scontato che i suoi figli conoscano già le sue opere ed i suoi nipoti le leggeranno un giorno, cosa raccomanderebbe ai suoi “ragazzi” già adulti ed ai loro tra qualche tempo?

«Senz’altro quello che ho cercato di trasmettere in questo romanzo ma anche nel precedente, Meglio dirselo, e cioè che l’uomo si muove sempre attraverso due coordinate: le relazioni con le persone a cui vuole bene ed alle quali offre il suo amore, l’amicizia, la solidarietà, ma anche i rapporti con il prossimo che non conosce.  Per questo servono regole precise di convivenza per poter stare pacificamente insieme. Insomma, il senso civico, perché questo poi dovrebbe essere alla base della politica, non quelle “ruberie” alle quali continuiamo ad assistere soprattutto in televisione e che ce la rendono così lontana, bensì un concetto “alto” di politica, quello che mi ha insegnato mio padre (il senatore Vittorino Colombo, ndr) e che desidero trasmettere a mia volta ai miei figli. Come dice la più giovane delle protagoniste di  Alla nostra età, con la nostra bellezza, che è cresciuta con questa mentalità, alla più anziana, che è stata allevata invece da una madre che le ha insegnato che “la politica va tenuta fuori dalla porta di casa”: “Se non ti occupi di politica, la politica comunque si occupa di te…”. E non è detto che lo faccia in un modo che a te possa andare bene. Quindi, dobbiamo comunque voler bene alla gente che ci è vicina ma, anche, essere sempre cittadini consapevoli».

– Lei è stata anche una persona molto attiva nel mondo del volontariato non solo nel nostro Paese, ma anche all’estero. Cosa le ha dato questo tipo di esperienza?

«Sicuramente più di quello che io sia riuscita ad offrire ad una realtà tanto diversa dalla nostra. Tuttora lavoro per World Friends, un’Associazione che si occupa di un Ospedale in Kenya e della Sanità, soprattutto nei confronti delle baraccopoli. Noi sappiamo che in Kenya l’assistenza è a pagamento, ma la cosa che più mi fa inorridire è che in quel Paese si muoia ancora di malattie dalle quali si può guarire tranquillamente, come la malaria che si cura con semplici antibiotici o le ustioni e le infezioni che degenerano solamente per la mancanza di farmaci specifici. Abbiamo iniziato dal nulla. Personalmente mi sono dedicata molto in Italia ad organizzare eventi per la raccolta fondi ed assieme ai medici che là prestano la loro opera siamo riusciti a creare ed organizzare una struttura di primissima qualità. Ne è la dimostrazione il fatto che i cosiddetti “ricchi” del posto si ricoverano in quell’ospedale e con i soldi ricavati riusciamo a curare gratuitamente le persone che non possono permettersi di accedere alla Sanità locale».

– Potrebbe accadere un giorno che lei racconti in un suo libro anche queste sua esperienza diretta?

«Mai dire mai. Ho avuto un rapporto molto intenso con il Kenya. Abbiamo creato anche una Casa Famiglia per bambini di strada ed ora quei ragazzini sono cresciuti e si occupano a loro volta di altri piccolini sfortunati. Anche questa è stata un’esperienza molto forte e gratificante. Queste sono tutte cose che fanno parte della mia vita. Chi lo sa? Forse un giorno magari diventeranno una storia…».

– Esiste già l’idea di realizzare un nuovo progetto letterario?

«In realtà sì, ma preferirei al momento non parlarne per scaramanzia. Posso anticipare, comunque, che ancora una volta mi proporrò di coniugare due punti di vista diversi: quello, come dire, sentimentale ed un altro, invece, sociale».

Giovanna Benini

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